Con un’ala soltanto
Io e la mia compagna Sabrina stiamo insieme da appena tre anni e da subito è stato amore a prima vista, come quello che si vede nei film: dal primo appuntamento non siamo più riusciti a staccarci, neanche per un attimo.
Il 7 luglio 2021 per me e per lei è stata una data indimenticabile: è stato il giorno della sentenza che ha cambiato la sua vita e, di riflesso, anche la mia. Quella mattina Sabrina era un po’ ansiosa perché aveva un brutto presentimento, io cercavo di tranquillizzarla ma lei insisteva dicendomi che sicuramente la dottoressa le avrebbe dato una cattiva notizia. Arrivati in ospedale, seguiamo tutte le istruzioni del triage per il Covid e ci mettiamo seduti in sala d'attesa senza parlare ma tenendoci la mano come una sorta di rito per tranquillizzarci, per sentirci al sicuro, a casa, anche tra le mura di un ospedale. La dottoressa, purtroppo, sentenzia una realtà troppo crudele ed inaccettabile, da pochi giorni avevamo festeggiato il compleanno dei suoi 28 anni.
Alla notizia mi pietrifico e mi scende una lacrima, una delle poche, mentre Sabrina rimane impassibile ascoltando la
dottoressa come un robot: sali sul lettino, spogliati, facciamo il tatuaggio per delimitare la zona, rivestiti. È vero lei aveva un brutto presentimento, ma questo no, non lo avevamo immaginato. Ho capito che bisognava reagire e così, usciti dall’ospedale ho pensato di viziarla più del solito anche se lei era troppo impegnata a rassicurare tutti i parenti e amici dicendo che avrebbe affrontato tutto il percorso, ovviamente con l’amaro in bocca, ma determinata a raggiungere l’obiettivo.
Due giorni dopo c'è stata la prima visita oncologica, questo lo ricordo come il giorno più brutto della mia vita: lei era fuori di sé, non voleva curarsi, voleva lasciarsi morire, voleva lasciarmi per non farmi soffrire, per non farmi vivere anni pesanti in ospedale tra chemioterapie, radioterapie e visite mediche, voleva proteggermi da tutto questo male. Abbiamo toccato il fondo. In quel momento l’ho costretta ad ascoltarmi, anche se a dir la verità, non ne aveva voglia! Le ho promesso con amore che l’avrei accompagnata in questo percorso e che, purtroppo, avevamo davanti una montagna altissima e difficilissima da scalare, arrivati in cima avremmo messo la bandierina della guarigione e poi la discesa sarebbe stata una passeggiata e così è stato: abbiamo percorso e superato tutte le tappe.
Quella sera, a dispetto del male, sdraiati sul letto ci siamo sposati io e lei soltanto. A noi basta così, incredibile ma vero: “Prometto di esserti fedele sempre nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.
Non ci sarebbero potute essere parole più vere e coerenti alla nostra situazione. È stato un toccasana, una certezza ancora più forte del nostro rapporto di amore immenso. Così tutto è passato velocemente. Lei ha reagito col sorriso ed è stata una leonessa, con me al suo fianco pronto a sostenerla. ABBIAMO VINTO NOI!
Non è stato facile starle accanto in tutte le fasi della malattia: i capelli persi del tutto, stanchezza ed i vari effetti post chemio ma insieme con atteggiamento positivo non abbiamo dato al male una minima possibilità di vincere, ma soprattutto di toglierci il sorriso e la serenità. Ci siamo trasferiti, si è laureata e siamo cresciuti come coppia perché con questa sfida affrontata e vinta a piene mani abbiamo capito che insieme siamo invincibili e come cita una canzone “SIAMO ANGELI CON UN'ALA SOLTANTO E RIUSCIREMO A VOLARE SOLO RESTANDO L’UNO ACCANTO ALL’ALTRO”.