“Don’t ever say it’s over if I’m breathing” .
“Non dire che é finita se sto ancora respirando”. Questo é il ritornello della tua canzone favorita di Lil Nas X, concerto al quale mi accompagnasti un finesettimana a Barcellona mentre aspettavamo con ansia i risultati di una biopsia al linfonodo nel collo che nelle ultime settimane si era gonfiato e stava cominciando a preoccuparci.
Purtroppo il lunedí al nostro rientro a Madrid il medico confermó la nostra piú recondita paura; avevi un cancro. Precisamente un linfoma di Hodgkin.
Nemmeno il tempo di assimilare la notizia e giá il mercoledí ti avrebbero ospitalizzato per il primo di sei cicli di chemioterapia. Le prime 24 ore non smisi di chiedermi perché. Perché a te, giovane, atletico con 33 anni senza mai uno sgarro che, anzi, quando ci conoscemmo 9 anni fa fosti l’unico a convincermi di smettere di fumare? Perché a me ragazzo di 31 anni che vive in un paese che non é il suo senza i genitori e sua sorella che lo possano abbracciare e consolare quando riceve una notizia simile?
Immediatamente cercai la mia cara amica Teresa; purtroppo “esperta in materia” avendo lottato e vinto per ben 3 volte 2 tipi diversi di cancro. Lei mi diede consigli preziosi; il piú prezioso di tutti fu: “ricordati che in molti aspetti della malattia sarai impotente e non potrai far niente per il tuo amato, ma la cosa piú importante sará dargli la mano e abbracciarlo nei momento difficili”. Le notti insonni infatti le trascorrevamo dandoci la mano sotto le lenzuola; un gesto cosí semplice e pulcro eppure cosí potente e carico d’amore. Quando ogni 2 settimane Jorge doveva tornare ad essere ospitalizzato io procuravo di prendermi le “vacanze” per poter star con lui anche di notte e continuar a stringergli la mano di notte seppur lui stesse sul letto che non era piú il nostro.
Ad ogni fine ciclo io gli dicevo che aveva appena fatto uno scalino dei 6; lo allettava la metafora della scala e a me piaceva vederlo sempre ottimista. Io d’altro canto seppur con lui sprizzavo fiducia ed entusiamo da tutti i pori, quando ero da solo ero spesso l’opposto. Per allontanare il pessimismo mi rifugiavo di giorno nel lavoro e di sera come d’abitudine cercavo di andare un’oretta in palestra per sfogarmi; anche se cominciai a diminuire la frequenza perché preferivo di gran lunga star assieme al mio ragazzo a casa o quando ne aveva le forze nel parco passeggiando con il nostro cane Zowen. Quando aveva dei momenti di sconforto “usavo” Zowen per risollevarlo. La vigilia di Natale non potemmo festeggiarla a dovere perché lo dimisero dall’ospedale alle 8 di sera e tra nausee e debolezza avevamo annullato il cenone con la famiglia. Per scacciare la tristezza e rivederti sorridere appesi al collo di Zowen una cartolina con su scritto “Vamos papi que tu puedes! 2/6” . 2/6 erano i cicli di chemio completati e giá aveva una tac di controllo. Dopo una settimana di notti insonni, ansie e mani strette sotto le lenzuola finalmente arrivó la migliore delle notizie: “Remissione completa”.
Da lí in poi gli scalini che ci restavano li facemmo lievitando dall’ ottimismo.
Adesso siamo arrivati nella cima della scala e stiamo aspettando i risultati dell’ultima tac per confermare i risultati dell’anteriore.
In questi mesi sono migliorato. Ho imparato ad essere piú paziente e godermi la vita senza fretta e dando importanza solo a ció che se lo merita realmente.
Sono orgoglioso di come il mio compagno ha affrontato il cancro.
Te quiero Jorge. Francesco.