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Roche – A fianco del coraggio
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Eravamo insieme da 14 anni. Convivevamo da sei. Quando, dopo il controllo periodico, uscì dallo studio del senologo, mi guardò ed io capii subito; "dobbiamo approfondire" le aveva detto il dottore. Conoscevo il volto della donna che amavo; ne conoscevo ogni sfumatura, ogni espressione. Ma quello sguardo non lo avevo mai visto. Eppure i suoi occhi mi raccontarono in un lampo tutto il suo smarrimento, la sua paura, la sua rabbia. La vita ci aveva già chiesto di superare altre prove ma per "quella" battaglia non eravamo mai stati arruolati. Capii da subito che qualsiasi cosa avessi provato io sarebbe stato un refolo di vento rispetto alla tempesta emotiva in cui avrebbe dovuto navigare lei. Da quel momento starle vicino, accogliere le sue "cadute" per poi aiutarla a rialzarsi era diventato per me una forma di egoismo. "Esserci" era una necessità mia. "Esserci" mi metteva in contatto con una nuova versione di me, una versione inedita, una versione migliore. Ci mettemmo qualche mese per capire che eravamo stati comunque fortunati: carcinoma duttale B5 in situ non infiltrato. Impari presto a farti strada nella fitta vegetazione dei parametri, delle sigle e dei valori che tracciano questo percorso. Ma durante il cammino l'anima ha sempre freddo. Si entra in contatto con interrogativi nuovi che spesso scegli di lasciare inevasi perché molti di quegli interrogativi non hanno risposte e cercarle ti consuma. Dovevo, volevo e potevo solo "accoglierla". "Cadere" era un lusso che mi concedevo solo lontano dai suoi occhi perché se scegli di esserci devi farla appoggiare senza appoggiarti. Quadrantectomia, un mese di radio e tre anni di cura ormonale davanti. Fortunati. Fummo fortunati. Da altre trincee erano arrivati bollettini di ben altre guerre combattute in solitudine e senza speranza. Terribili. Quando la tempesta si placo' mi disse:" senza di te non c'è l'avrei fatta". Ho sempre pensato che non fosse così perché in certi momenti la vita ti ricatta e ti da' forze insospettate, risorse nuove. Sapere da lei di "esserci stato" mi faceva avvertire la sensazione di fare la differenza nella sua vita. Lei l'aveva sempre fatta nella mia. Anche prima di quella battaglia. Ma proprio quando speravamo, speravo, sperava di poter riassaporare la vita con un nuovo senso di rinascita, con una diversa scala di valori, con una profonda consapevolezza di cosa "davvero contasse", proprio allora abbiamo cominciato a misurare le distanze tra di noi. Avevamo governato la barca nella tempesta ma ora che il vento si era placato sembrava impossibile tracciare una nuova rotta. Il cancro ci aveva uniti ma il ritorno alla vita ci aveva divisi.