Cinque minuti. Come ogni mercoledì il padiglione di oncologia ci accoglie. Il totem che distribuisce i numeri ci dà crudelmente il 49.Tante le persone in attesa e le sedie non bastano.in fondo al corridoio troviamo due posti liberi davanti al monitor che scandisce i numeri che accedono ai servizi. Il nostro numero è lontano così riprendo a leggere il solito libro che mi porto appresso da mesi. Vedo una donna con il classico copricapo usato da chi fa la chemio e ha perso i capelli, magrissima e le cedo il posto.Passeggio con calma nel corridoio consapevole di avere tanto tempo a disposizione. Un altra occhiata al monitor è incrocio lo sguardo di una donna che viene in direzione opposta alla mia. È una giovane donna, alta, ben vestita con una nuvola di capelli ricci legati sul capo. Mi sorride e si ferma. Non mi stupisco. Sono molti mesi che veniamo e sono abituato a questi incontri. Qua i pazienti hanno voglia di parlare, cercano solidarietà, comprensione, conforto quasi come fare comunella e condividere quel percorso comune e pesante assegnato da uno strano destino. Guardo l orologio e sono le 11,20. Lei inizia a parlarmi: "vengo qua dal 2015.sono bravi e nonostante la malattia mi trovo bene. Si c'è un po' di disorganizzazione dovuta al nostro essere meridionali un po' confusionario ma sempre pieni di generoso calore. Sono stata a Milano, certo organizzazione migliore, efficienza ma non ci stavo bene. Lontano da casa, dai miei figli, con quel cielo plumbeo che peggiora a le mie condizioni. E poi nn c era il mare. L ospite indesiderato era in entrambe le mammelle e l intervento è stato cruento e demolitivo con l asportazione di entrambi i sensi e di tutti i linfonodi. Poi chemio ormoni e radioterapia. Ho ancora le bruciature addosso.al controllo successivo hanno trovato le metastasi all utero e alle ovaie. Tanta paura ma anche voglia di non mollare anche se un gentile oncologo milanese mi prospetto' una aspettativa di vita di 5 6 mesi. Mio marito mi attendeva Nell androne delle scale perché con il Covid non entrava l accompagnatore e quando lo vidi nn gli dissi nulla anzi gli descrisse un quadro stazionario migliorabile con le cure ma nn volli tornare a Milano.lo staff di Germaneto, tutte donne, mi ha accolto con calore. Brave disponibili, competenti ma soprattutto umane. Mi hanno tranquillizzata, non hanno mai parlato di aspettative di vita, hanno programmato gli esami previsti per il nuovo intervento e mi sono affidata a loro. L intervento, effettuato da una donna complesso e doloroso andò bene. Al risveglio pensarmi senza utero e ovaie è stato terribile. Per fortuna che avevo già due bambini che allietavano la mia vita. Di nuovo chemio, immunoterapia, ormoni con nuova perdita di capelli.ho imparato a convivere con gli effetti delle medicine. L insensibilità delle mani la compensavo stringendo forte piatti e bicchieri che cadevano sempre a terra. Ho mangiato forzando il disgusto che provavo. Horealizzato copricapo bellissimi con perline e lustrini.ho resistito alla stanchezza ostentando una forza che nn avevo. Ho imparato molto da questa malattia. Mi godo il tempo come l ennesimo regalo celeste. Ah lo sai che la mia bambina si prende cura del fratellino meglio di me. E mio marito a cui nn ho detto tutto, ha ripreso a portarmi le rose.noto che nn parla più ma si guarda i piedi. Guarda il monitor, mi sorride e mi dice tocca a me. La vedo varcare la soglia della porta che da nella sala, guardo l orologio sono le 11 25.cinque minuti in cui mi ha raccontato la sua vita ma nn mi ha detto il suo nome.