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Roche – A fianco del coraggio
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Dopo una colonscopia mi fu diagnosticato un tumore al colon. Fu una tegola in testa che non m'aspettavo. Non so come feci a tornare a casa in macchina dopo una simile notizia. Per l'intervento occorse circa un mese. Andai sotto i ferri con una calma che non immaginavo d'avere, ma dal momento che non avevo nulla da perdere... L'intervento andò benissimo, quindi fui accompagnato a letto dove ci rimasi per una decina di giorni. Tornai a casa e siccome mancavano pochi giorni a Natale, fui io ad addobbare l'alberello. Intanto, a braccetto con mia moglie, tutti i giorni uscivo da casa per ricominciare a camminare, e tutti i giorni aumentavo il percorso di qualche centinaio di metri. Credevo che tutto sarebbe finito così, purtroppo durante la prima visita oncologica mi fu comunicato che avrei dovuto subire la chemioterapia, una parola che mi spaventava al punto che non intendevo farla. A convincermi i familiari, dicendomi che forse sarebbe stato necessario se volevo veder crescere il nipotino. E siccome mi diletto da sempre con la scrittura, decisi di scrivere qualche verso, stavolta non per diletto, bensì per comunicare il mio sconforto.
VELENO
Recluso in purgatorio dieci giorni
per un peccato che non era il mio,
poi finalmente assolto. Tuttavia
conservo sulla pelle una cerniera,
e ho pronte alcune dosi di veleno.
E quanto fa paura quel veleno
al cui confronto il fiele è quasi miele.
Ma son costretto a tendergli la mano
perché più a lungo duri il vostro abbraccio.
E forse solamente per narrare,
volesse il Cielo, qualche fiaba in più.
Intanto al pomeriggio mi concedevo il sonnellino d'un'oretta, e per ben due volte sognai d'essere al lavoro, un lavoro che avevo esercitato più di quarant'anni prima e, in entrambe le volte sognai il caporeparto, morto proprio in quel periodo, che mi diceva "Dai, andiamo!". Mi svegliavo terrorizzato. Intanto iniziai la chemioterapia. La prima volta, mentre il flacone stava per terminare, a un tratto mi mancò il respiro e la dottoressa fu costretta a ricorrere al cortisone a caduta libera, così ricominciai a respirare normalmente. Dopo di ciò si decise che avrei proseguito la chemioterapia da casa tramite le compresse. Ciò mi causava però dissenteria, al punto che per due volte in dodici giorni fui costretto a recarmi in ospedale per reidratarmi. Il dodicesimo giorno mi feci addirittura ricoverare, dal momento che quasi non riuscivo a stare in piedi. Stavolta si decise di applicarmi il port-a-cat attraverso il quale mi sarebbe stato iniettato il farmaco. Dapprima a dosi dimezzate, quindi a dose intera, iniziai così la terapia che durò cinque mesi. Fortunatamente, gli esami del sangue che precedevano la terapia andavano sempre bene, così pure la TAC e ogni esame eseguito, dapprima in tempi più ravvicinati, successivamente una volta l'anno. Non perdetti i capelli, ma durante la cura non solo non avvertivo nessun sapore, ma mi si sviluppava in bocca, mangiando, un sapore strano e disgustoso, che per fortuna cessò dopo circa tre settimane dall'arresto della terapia. Intanto un amico, che frequentava con me l'oncologia per la medesima terapia, purtroppo venne meno, e gli dedicai un sonetto.
A GIOVANNI
Tutt'altro erano i versi dei vent'anni,
traboccanti di sogni e aspirazioni;
oggigiorno, sommersi dai malanni
e da un'infinità di delusioni,

a reggere la penna le afflizioni.
Così dirò di te, caro Giovanni.
Due mesi pressoché le previsioni,
ma più e più giorni emersero tiranni,

rendendo così vano il mio indugiare.
Per quanto fosse stato imbarazzante,
poiché t'era gravoso il dialogare,

l'estremo...