L’amore ritrovato
Melena: suona così innocuo, quasi gradevole, il termine che cela un’orrenda emorragia gastrica rivelatrice di una sentenza definitiva: ormai è diffuso dappertutto. Si può solo pensare a un accompagnamento sereno!?
La mia vecchina. Presente da sempre nella mia vita e che mai più sarebbe stata.
Non sono capace, non ne ho le forze mentali, cosciente di non poter fare più nulla di utile per la mia vecchina mentre, una volta a casa, osservavo il suo dolore che si attaccava a me come un contagio: a letto, in preda agli incubi, si agitava, mugugnava.
Dopo un altro crollo, la decisione: lei merita di non finire così, questo non è più il posto per vivere gli ultimi tempi.
«Sono con te, ci sarò sempre. Ma non più a casa, nonostante il tuo desiderio. Il tuo letto non dev’essere una tomba prima del tempo!»
Diviso tra il cuore e la mente, in una difficile soluzione per questo “accompagnamento sereno”, cerco di trovare il coraggio per assicurare il meglio per chi ha curato nel passato. Ed ora dev’essere curata. Per affrontare l’inevitabile!
Certo, non è un trionfo: il rientro è un aggirarsi in una casa vuota e lugubre, dove tutto richiama a lei, come se dovesse tornare da un momento all’altro. In una recondita speranza. Ma consapevole che, assieme a lei, termina tutto il nostro vecchio mondo.
Il ricordo a quell’ultima sera, davanti agli uomini in arancione del 118, lei che apre gli occhi dal penoso torpore e sorride quasi felice:
«Buongiorno, abbiamo degli ospiti! Gradite un caffè?»
«No, signora. Siamo a posto. Siamo venuti a prenderla, andiamo a farci un giro.»
«Davvero? Che bello...»
Quanta tenerezza: la stavano portando via, forse per non tornare più e lei era contenta di vedere gente nuova e di andare “a fare un giro”.
Sono di parola, in hospice: sono sempre da lei. So che devo esserci, per questo Amore ritrovato che sarà inciso nella pietra a futura memoria di un addio sereno e armonioso.
I sanitari hanno reso il loro sevizio. Per un attimo è ritornata quella di un tempo: pulita, pettinata, perfino le unghie laccate di rosa. Mi vede e s’illumina in un grande sorriso: «Sei qui!»
Forse, in lei, la pace di chi si rassegna, ultima delle 5 fasi del dolore. O del sentimento unico che unisce una madre al figlio. Appassionata nel colorare un disegno, me lo mostra entusiasta del risultato: «Tra poco è Natale, ho tanto lavoro da fare. Devo fare le decorazioni, mettere i ponpon sul cartellone».
Un Natale...forse non ve ne sarà più un altro. Perciò occorre rendere tutto speciale.
È come una circolarità del percorso della vita: lì, in esilio ma circondata da cure e affetto, si ritrova in una sorta di “Ritorno alle origini”. Non alla giovinezza, ma all’infanzia stessa, che si perde crescendo, ma si riacquista invecchiando. Forse l’essere nuovamente accuditi fa tornare ai bisogni essenziali, fino al meravigliarsi delle piccole cose che in tempi normali sembrano banali o insignificanti.
Quando tutto il resto crolla rimane solo l’essenziale: la tenerezza.
Assieme all’amore immenso di ciò che è stato in una mesta nostalgia del tempo trascorsi assieme.